mercoledì 31 ottobre 2012

La reale curiosità alla base del "Let's Play!"

In questi giorni ho letto parecchie polemiche attorno al Best of Show del Lucca Comics & Games che mi hanno fatto maturare una riflessione che già da tempo covavo dentro. Un grazie anche a Daniele Di Rubbo che con il post Perché “solo io gioco di ruolo” mi fa cagare ha stimolato questo mio post.

Cito il mio stesso commento del suddetto post perché è la base del mio pensiero attuale.
Per me ciò che conta quando si osservano altri gruppi che giocano in maniera differente e/o con differenti giochi è quella che chiamo “reale curiosità”.
Se non sono realmente incuriosito non mi muoverò dalle mie posizioni.
La “reale curiosità” si può applicare a diversi contesti: osservare dall’esterno mentre giocano altri ragazzi, provare con il mio solito gruppo un gioco nuovo (anche se credo che questo gioco non possa funzionare), provare con persone sconosciute giochi nuovi o vecchi, leggere un manuale nuovo, ecc…

L’importante è fare tutto con “reale curiosità”, altrimenti meglio non perdere tempo e continuare per la propria strada.
Faccio un esempio concreto.
In questo momento non ho voglia di provare D&D 4 perché non ho voglia di fantasy. Non è questione di tradizionale, indie, coerente o incoerente. Non ho voglia di orchi, elfi, magie e simili.
A riprova di questo posso dire che non ho nemmeno voglia di provare The Burning Wheel di Luke Crane o DungeonWorld di Sage LaTorra e Adam Koebel o altri.
Perché quindi dovrei provare contro voglia dei giochi che magari hanno delle ottime qualità influenzando negativamente il mio parere su di essi?

La curiosità che mi muove verso un gioco dovrebbe quindi essere reale, non faziosa o prevenuta e, per quanto possibile, nemmeno forzata da altri giocatori.
Reale curiosità.

Cito ora Daniele Di Rubbo nella risposta al mio suddetto commento.
“Curiosità” deriva dal latino curiositas, che a sua volta deriva da cura, che vuol dire “cura, attenzione, sollecitudine”. Insomma, il senso è che ti interessi di una cosa perché ci tieni. Siccome il gioco di ruolo è una passione, secondo me è fondamentale tenerci, e questo è il concetto di base che quando giochi devi giocare con passione (play passionately), sempre e comunque. In caso contrario sì che stai facendo finta di giocare, perché non contribuisci veramente, attivamente al gioco, e sono guai!
Non voglio focalizzarmi né sul concetto di play passionately, né su quello di gioco attivo o non gioco.
Vorrei focalizzarmi sulla derivazione latina di “curiosità”. Come puoi prenderti cura di un gioco se lo guardi con una curiosità faziosa? Le possibilità che quel gioco non ti piaccia sono davvero alte.
Mettersi al tavolo con reale curiosità potrà farti davvero appassionare al gioco o farti dire che quel gioco non è nelle tue corde.

La reale curiosità è anche l’unica che potrà portarmi, in caso di sessione poco divertente o non rispondente alle aspettative, a dire: «Questo gioco con il mio gruppo non ha funzionato, con gli altri gruppi sì. Dove sto sbagliando?»; ovviamente il passo successivo sarebbe confrontarsi con coloro con i quali il gioco funziona, capire dove si sbaglia e riprovare il gioco.
Senza reale curiosità potrò arrivare solo a dire: «Questo gioco non funziona» o «Questo gioco fa schifo».

Ora la parte più azzardata del post. Non sono un grande conoscitore del Big Model, quindi probabilmente dovrei tacere e basta.
Però la riflessione ormai mi è venuta e non posso troncarla.
Tutto il Big Model parte dal “Let’s Play!” inserito nel Contratto Sociale (si veda il diagramma a fianco). Ebbene, credo che la reale curiosità stia alla base di un “Let’s Play!” sano e non un “Let’s Play!” che porti al test di un gioco solo per poter dire «Questo gioco non funziona, lo ho provato una volta».

5 commenti:

  1. Ho apprezzato molto il tuo articolo, e lo condivido in ogni singolo aspetto.

    Sulla domanda inerente il Big Model che ti poni alla fine, il mio parere personale è che il “Let’s Play!” sia la componente fondamentale del contratto sociale, ossia tra tutti gli elementi del contratto sociale (siamo da Luca, le patatine le porto io, i dadi li porto io ecc.) il fatto che il gruppo sia lì per giocare (“Let’s Play!”) è l’assunto di base per cui quel gruppo si propone di fare il gioco di ruolo, tra tutte le attività sociali possibili. Quindi, secondo me, emerge dal contratto sociale e ne è il fondamento per dire che ci stiamo ponendo nella situazione descritta dal Big Model.

    Su questo argomento c’è gente che ne sa più di me e ha più capacità di analisi, quindi passo il testimone a loro.

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  2. Di solito non commento in giro per la rete, ma anche se sono in frenesia pre-Lucca volevo trovare il tempo di farti, quantomeno, i complimenti.

    Questo è il tipo di ragionamenti che vorrei rappresentassero il nostro hobby, e leggerli mi rinfranca e motiva molto.

    Grazie.

    Se porto, dopo Lucca, tornerò e commenterò meglio.

    Ezio Melega

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  3. Ringrazio Daniele ed Ezio per la risposta.
    Ovviamente i commenti sono aperti a tutti e senza limitazioni di tempo (finchè rimangono fuori da sterili polemiche), per cui sentitevi liberi di commentare anche dopo Lucca.

    P.S. Grazie a Ezio per aver infranto le sue usanze per commentare qui!

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  4. A proposito di quando si gioca con un debole Let’s play! (e quindi senza una reale curiosità, anche se pur sempre di curiosità magari si tratta) mi è venuto in mente il concetto di zilchplay, che magari può interessare qualcuno: http://big-model.info/wiki/Zilchplay.

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  5. Ottima segnalazione, in effetti è parte del mio discorso.
    Il post era più incentrato su "reale curiosità che mi spinge a provare un nuovo gioco", ma anche la curiosità nel continuare a giocare anche giochi che si conoscono già è un altro aspetto.

    Sul manuale di Cani nella Vigna (1^ edizione in italiano) c'è proprio un esempio in cui il GM spiega qualcosa al suo gruppo di gioco e i giocatori che non sono interessati di quello che sta accadendo si disinteressano completamente.

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