mercoledì 11 luglio 2012

Grey Ranks

Eccomi qui, alla fine di tre sessioni (ossia una partita completa) di Grey Ranks di Jason Morningstar.
Per quello che avevo letto in giro il gioco doveva portare emozioni forti al tavolo e devo dire, con somma gioia, che queste emozioni le ho provate.
Alcune scene sono parse inizialmente un po' fuori dalla trama lineare dello svolgimento della Rivolta di Varsavia o della Missione specifica che si stava svolgendo in quel momento, ma in ogni caso hanno lasciato il segno.
Un vagone bestiame chiuso e carico di ebrei su di un binario morto vicino alla stazione diventa una scelta importante per un ragazzo di 15 anni: vincere la paura di rischiare la vita aprendo il vagone mentre stanno arrivando i nazisti o pensare a se stessi lasciando andare gli ebrei verso una morte certa?

Alcune cose del gioco non credo abbiano funzionato fino in fondo. Durante la prima sessione, ad esempio, si è invitati a creare un certo numero di personaggi non giocanti. Abbiamo seguito questa regola creando tre PNG, ma due di questi sono comparsi in scena davvero poco e con ruoli molto marginali.
Non mi è parso comunque che questo abbia intaccato la bellezza del gioco.

La nostra squadra di adolescenti appartenenti alle Schiere Grigie. Li indicherò con i loro nomi di battaglia, non con i nomi e cognomi di battesimo.
Per primo il mio personaggio, Davide. Il più vecchio del gruppo (17 anni) ha dovuto combattere duramente contro l'invasore tedesco, ma durante i vari capitoli ha scoperto l'amore. Diana, un altro personaggio, è entrata nei suoi pensieri e così, dopo un primo goffo bacio, si è più volte messo in pericolo per salvarle la vita.
Passiamo ora a Diana, la ragazza sedicenne della squadra. Diana si è dimostrata più coraggiosa del previsto e il suo fare autoritario si è sempre più limato col passare del tempo. La sua storia con Davide non è stata semplice visto che usciva da una precedente storia avuta con un ragazzo deportato di cui non si avevano più notizie. Il suo iniziale rifiuto ad utilizzare armi si è dovuto piegare all'evidente necessità di averne una sempre con sè.
Il più piccolo del gruppo era il quindicenne Zeus. Abbiamo potuto scoprirlo nel suo passato come un bambino con molta voglia di autonomia dalla propria famiglia, ma durante la Rivolta ha più volte dovuto fare i conti con la necessità di una madre e un padre affettuosi e disposti a sacrificarsi per lui.

Il finale ha visto tutti e tre i ragazzini sopravvivere. Diana e Davide sono stati fatti prigionieri dai nazisti, deportati in un campo di prigionia e successivamente liberati dagli Alleati. Dopo essere stati liberati i due si sono sposati. L'idea della Polonia libera nel frattempo era andata in fumo con il consolidarsi dell'Unione Sovietica; molto abbattuto Davide ha portato Diana negli Stati Uniti dove hanno avuto tre figli. Davide è morto nel 1980 senza mai sapere che la Polonia avrebbe riguadagnato la libertà.
Zeus è rimasto sul suolo polacco scampando la prigionia e ha continuato lì la propria vita arrivando a seppellire i propri genitori a cui doveva così tanto.

Il gioco ha una meccanica chiamata "La cosa più cara" che può essere esposta, minacciata e distrutta per ottenere vantaggi. In particolare si possono minacciare ed distruggere anche le Cose più care degli altri personaggi. Alla cosa più cara è sempre associato un simbolo concreto.
Davide aveva come Cosa più cara la Polonia, simboleggiata da una cartina della Polonia di prima della Guerra. La Cosa più cara è andata distrutta e la cartina è caduta nelle putride acque di una fogna.
Diana aveva come Cosa più cara il suo primo amore, simboleggiato in un paio di orecchini. Gli orecchini li ha rotti durante uno scatto d'ira e anche la sua cosa più cara è probabilemente andata distrutta, probabilmente in un campo di sterminio ad opera dei tedeschi.
Zeus aveva come Cosa più cara la Famiglia, simboleggiata in suo padre. La sua cosa più cara non è andata distrutta. Devo ammettere che distruggere la sua Cosa più cara è stata una tentazione perchè meccanicamente sarebbe risultato molto utile, ma non ho avuto il coraggio di lasciare orfano un ragazzino di 15 anni (cosa che non mi sarei mai aspettato di provare all'inizio della partita).

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