venerdì 2 marzo 2012

Abilità del giocatore contro abilità del personaggio

Partiamo dalla genesi di questa diatriba. Alcuni master valutano la risoluzione di un'azione richiesta da un giocatore in base a quello che il giocatore stesso fa al tavolo. Altri master fanno utilizzare le abilità del personaggio per risolvere le azioni in gioco.
Ovviamente il problema si pone principalmente riguardo alle abilità di carattere sociale e intellettuale. Le abilità di carattere fisico vengono sempre risolte con tiro di dado.
Di seguito confronterò la risoluzione che utilizza le abilità del giocatore, contro quella che utilizza le abilità del personaggio. Prenderò l'esempio di un gioco che utilizza una risoluzione delle azioni con i dadi (fortune), ma gli stessi esempi sono validi anche in giochi che utilizzano le carte o che comparano valori di abilità (karma).

Faccio alcuni esempi di risoluzione basata sull'abilità del giocatore (quindi non occorrono tiri di dado, il master valuta a suo insindacabile giudizio):
1. Il master pone un indovinello e il giocatore deve risolverlo;
2. Il giocatore convince un PNG portando buone motivazioni;
3. Il personaggio deve comporre una storia o poesia e il giocatore lo deve fare realmente al tavolo.

Ora metto gli stessi esempi risolvendo in base all'abilità del personaggio (quindi avremo sempre un tiro di dado):
1. Il master pone un indovinello, il giocatore tira l'apposita abilità e si vede se è riuscito a risolvere l'indovinello;
2. Il giocatore tira l'apposita abilità e si guarda se è riuscito a convincere un PNG;
3. Il personaggio deve comporre una storia o poesia, si tira sull'apposita abilità e si vede se il personaggio ha composto qualcosa di buono o no.

Tutti e tre i casi presentati li ho visti ad un tavolo di gioco.
Bene, per me non può esserci risoluzione mediante le abilità del giocatore.

Il master mi pone come sfida di comporre una poesia per influenzare la corte del re a mio favore. Io sono ingegnere civile (totalmente negato nel comporre poesie) e sto giocando un bardo (che nel gioco non fa altro che comporne e interpretarne).
Perchè mai dovrei usare le mie abilità di giocatore per risolvere l'azione? Ehi, io ho scelto il bardo nel gioco proprio per poter sognare di essere un cantastorie bravissimo! Stai barando master infame!

Lo stesso esempio è applicabile per la scelta di quali ingredienti mescolare per ottenere un composto chiedendolo ad un giocatore che non sa nulla di chimica, per cantare benissimo davanti alla corte del re chiedendo ad un giocatore stonato di farlo al tavolo ed essere valutato su quello, ecc...

Esiste poi il terzo modo di agire. Tu giocatore mi dici cosa fai (o cosa dici), io master valuto la cosa, ti do i bonus da me stabiliti e poi tiri il dado.
Il grosso equivoco è che qui ci siamo ricondotti al primo caso. C'è un tiro di dado, ma questo ottiene bonus e malus a piacere del master (quell'infame)!

Il tiro di dado secco, senza bonus e malus, toglie al master quell'onnipotenza che può rendere decisamente frustrante l'essere un giocatore che sta interpretando un personaggio completamente diverso da ciò che è lui nella vita reale.
Il tiro di dado secco (senza che il master possa modificarlo a piacere) mi permette di poter sognare di essere qualcosa che non sono nella vita reale e non esserne penalizzato.

Non molto diversamente funziona lo scontro tra le conoscenze del personaggio contro quelle del giocatore.
Concludo qui la riflessione per non addentrarmi di più negli spinosi (anche se molto correlati) argomenti della "regola 0" e della differenza tra "task resolution" e "conflict resolution".

2 commenti:

  1. l'emblema del limite del gioco di ruolo è l'intelligenza del personaggio come statistica (vedi D&D). Se ho un personaggio con intelligenza bassa, ma mooolto bassa, talmente bassa che è più stupido del giocatore, come può essere possibile che il giocatore non agisca in un modo più furbo del personaggio stesso? Allo stesso modo ci si può chiedere come si possa desiderare del role play al tavolo se tutto si basa su cosa può o non può fare il PG?
    Quello che non tutti comprendono è che il giocatore deve prendere le statistiche del personaggio ed interpretarle per quello che sono, così in ogni momento il giocatore potrà dire al master: "D'un tratto dalla mia bocca fuoriesce un sublime canto che riempie la stanza e scioglie i cuori degli astanti." (leggi: ho fatto venti con il dado). Ad ogni modo vi è una mediazione tra giocatore, giocato e master una sorta di patto che permette a tutto di filare liscio. E se il master odia il giocatore o il giocatore odia il master, che cosa stiamo qui a fare?

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  2. Credo che alcune regole presenti in alcuni giochi permettano di non mediare tra giocatore, giocato e master. Dico questo in positivo per alcuni giochi e in negativo per altri, ma applicando le regole per come sono scritte alcuni giochi non hanno bisogno di questa mediazione.

    Per quanto riguarda un possibile rapporto di odio tra giocatore e master non posso che darti ragione. Se non c'è la volontà condivisa di giocare di ruolo, allora forse è meglio fermarsi un attimo e discutere tra persone da ciò che si vuole dalla vita e da ciò che si desidera ottenere al tavolo di gioco.

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