sabato 25 maggio 2013

Lo Spazio Immaginato Condiviso nella mia testa

Ho avuto modo di dare una sbirciata in anteprima a un articolo di Michela Da Sacco e Mattia Bulgarelli che è uscito sull’INCBook 2013.
L’articolo mi ha spronato a riflettere sul mio modo di percepire e plasmare lo Spazio Immaginato Condiviso mediante gli strumenti che i vari giochi di ruolo mettono a disposizione.

La mia visione dello Spazio Immaginato Condiviso solitamente avviene per la maggior parte del tempo in prima persona quando faccio il giocatore. A volte, invece, mi capita di immaginare il tutto dal punto di vista di colui con il quale sto interloquendo (quindi vedendo di fronte il mio personaggio). Nel momento dei combattimenti ho una percezione ancora diversa: in prima persona con alternanza a riprese esterne che mi possano far immaginare l’ambiente in cui mi muovo e di conseguenza le possibilità che avrei per rifugiarmi dietro qualcosa, scappare o non avvantaggiare l’avversario.

Quando faccio il master, invece, immagino lo Spazio Immaginato Condiviso in prima visione dalla prospettiva dei giocatori. Ho ancora in mente il primo scontro di Cani nella Vigna di Vincent Baker che si è svolto al nostro tavolo. Io, il master, vedevo con gli occhi dei personaggi arroccati su di una scala che portava al primo piano della taverna locale e sotto i tre loschi figuri che facevano fuoco dai loro fucili e dalle loro pistole.
Ricordo perfettamente anche il corridoio dell’Empire State Building che percorreva il personaggio di uno dei miei giocatori che ci aveva ricavato il suo covo in Il Mondo dell’Apocalisse, sempre di Vincent Baker. Ricordo degli occhi posati su di lei al passaggio nel corridoio in cui quella povera gente aveva trovato rifugio: un misto di rispetto, stima e terrore. Questa visione molto personale quando si fa il master aiuta molto a “essere un fan dei personaggi” e “guardare i personaggi non giocanti con un mirino”.
Altre volte, ma più raramente, la visione della scena come master mi viene offerta dagli occhi di uno dei personaggi non giocanti (PNG) o da una telecamera esterna.

Ora passiamo ai problemi, che non sono pochi.
Io non ho memoria dei volti delle persone. E qui non sto parlando di giochi di ruolo, parlo della vita reale. La maggior parte delle volte che vedo un volto posso dire che non mi è nuovo, ma lo collego ad un nome solo dopo che questo ha parlato.
Probabilmente ho una memoria molto più uditiva che non visiva.
Questo è capitato anche ieri sera al ristorante: vengo accolto da una cameriera che mi saluta in modo molto solare, come se ci conoscessimo da secoli. Non l’ho riconosciuta e mia moglie mi ha poi detto chi era (in effetti con questa persona non avevo mai parlato e anche il timbro della voce non mi ha aiutato).

Dopo tutta questa manfrina su di me potrete ben capire che non mi è facile dare dei volti nello Spazio Immaginato Condiviso. Solitamente i personaggi e i PNG per me non hanno volto: sono uomini e donne con un certo abbigliamento che si muovono nell’ambiente immaginato. Immaginare gli spazi, gli ambienti e gli edifici mi riesce molto meglio (forse anche grazie ai miei studi in ingegneria civile).
Questo non riuscire a dare volti mi rendo conto che si rifletta sui miei giocatori, due dei quali almeno hanno una memoria visiva ferrea. Solitamente provo a dare loro indicazioni su come figurarseli, ma mi rendo conto di non andare molto in profondità. «Il capo di Jody ha una barba incolta che gli copre le guance» può essere una mia descrizione tipica; ma di che colore è la barba? E di quale lunghezza?
Decisamente incompleto e lasciato all’immaginazione altrui, ma sufficiente per far ricordare qualcosa del capo di Jody e non lasciarlo una comparsa qualsiasi.
L’unico modo che ho per rappresentarmi davvero bene visivamente i personaggi è dar loro il volto di qualcuno che conosco. In Avventure in Prima Serata di Matt Wilson ci impegnammo a dare a tutti dei volti di attori noti, come consigliato nell’edizione italiana del manuale. Mi servì parecchio nella prima sessione ed estesi il metodo a tutti i PNG importanti che si incontravano per tutta la serie. Ancora oggi, a più di un anno di distanza e con decine e decine di sessioni di altri giochi in mezzo, riesco ad associare dei volti a dei ruoli nella serie.
Se avete qualcuno che sia bravo a disegnare nel gruppo sfruttatelo per disegnare personaggi e PNG dal volto unico! Noi purtroppo non abbiamo nessuno particolarmente dotato e quindi ci dobbiamo affidare a volti noti.
Avevo letto da qualche parte (purtroppo non ricordo chi fosse l’autore) che quando si iniziava una nuova scena in un gioco di ruolo bisognava renderla almeno tramite tre sensi. Qualche volta ci ho provato ed è davvero di gran effetto; purtroppo non mi viene affatto naturale.

Tendo sempre a rapportare tutto a ciò che si può vedere stando seduti al tavolo. «Sandy (un PNG) è circa un paio di centimetri più bassa di Francesco (un giocatore al tavolo)», oppure «La casa di Eliah (un PNG) è costruita con un legno che è un po’ più scuro di questo tavolo su cui stiamo giocando». Anche le misure degli spazi le rappresento ai giocatori disegnando mura virtuali nella stanza in cui ci troviamo come giocatori, o facendo paragoni con immagini che tutti abbiamo ben note.

Le inquadrature (inteso in senso cinematografico) delle scene non esistono quando faccio il master. Dico qualcosa dell’ambiente in cui ci si trova, chi c’è in scena e magari come è conciato. «Immaginatevi un’inquadratura dai piedi che sale verso la testa di un PNG che non conoscete» seguito da una descrizione della persona è una cosa che non credo mi sia mai successo di fare.
La mancanza di inquadrature mi rende assente anche un possibile montaggio (sempre in senso cinematografico) che ne potrebbe conseguire.

Le emozioni che traspaiono dalle mie scene solitamente sono poche. Difficilmente dirò «Un silenzio carico di tensione», ma più probabilmente dirò un asettico «C’è silenzio».
Questo non accade sempre: quando l’emozione è davvero predominante la tirerò fuori nella descrizione. È comunque una cosa rara, molto più spesso rimango sull’asettico per fare in modo che ogni giocatore la viva a suo modo.

I colori sono abbastanza presenti nelle descrizioni che faccio e nelle scene che mi immagino.
Ricordo il bianco della neve con qualche punta di verde di alcuni rami scoperti dei pini di Pine Town in Cani nella Vigna.
Ricordo il grigiore illuminato dalle luci a incandescenza giallognole della metropolitana abbandonata della mia prima campagna de Il Mondo dell’Apocalisse.
Ricordo il grigiore dei palazzi di Varsavia a ridosso della strada minata su cui stava tramontando un sole rosso fuoco in Grey Ranks di Jason Morningstar.
Ricordo il bianco della chiesa in legno di una amena cittadina del sud degli USA dove un personaggio si recò per uccidere il pastore (Fiasco di Jason Morningstar).

2 commenti:

  1. Per caso la regola dei "tre sensi" era tipo questa?
    "Fondamentalmente, esistono tre canali con cui le persone ricevono informazioni:
    visivo (immagini)
    uditivo (suoni)
    cinestesico (movimenti, profumi)
    Ogni persona tende a privilegiare un canale, e questo si può evincere da come parla la persona: se usa metafore visive, tipo “voglio vederci chiaro” è tendenzialmente una persona visiva, se dice “non mi suona bene” è uditiva, se dice “non mi torna” è cinestesica. In base a questo, si può comunicare con le persone secondo il loro canale preferito, per trasmettere le informazioni più facilmente. Adattate le descrizioni in base ai canali di comunicazione dei giocatori e al modo in cui i personaggi percepiscono i dintorni: all’inizio si vedono le cose, vicine e lontane, poi si odono i rumori, prima quelli più forti o più vicini, infine si sentono i profumi, soprattutto delle cose molto vicine o particolari. Per un’atmosfera onirica o intimista, cambiate l’ordine dei sensi: ad esempio, quando un personaggio si sveglia da un sonno profondo, si usa prima l’udito, poi l’olfatto, infine la vista."

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  2. No, non mi riferivo a questo. Conoscevo questa teoria e mi era stato sottoposto un test che provava, con domande semplici, a chiarire se i tuoi canali preferiti per memorizzare, apprendere e immaginare fossero quello uditivo, cinestetico o visivo.
    Il test sostene che due canali fossero prevalenti e io risultai "cinestetico" e "uditivo" quasi in ugual maniera.

    Quello che intendevo nel post, invece, è l'idea di rendere le descrizioni con tre dei cinque sensi (vista, udito, odorato, tatto e gusto) per non fermarsi sempre e solo al senso principale.

    Un esempio in cui un personaggio scende in strada. Si potrebbe dire che c'è confusione, in particolare un suono assordante dei clacson delle macchine incolonnate (udito).
    Posso benissimo fermarmi qui, oppure posso spingermi oltre e sottolineare altri due sensi. Ad esempio: l'aria ha un odore intenso dello smog del classico traffico mattutino (olfatto) e l'aria risulta pesante a causa dell'afa estiva (tatto, anche se un po' al limite).

    Mi metto ora nei panni di un master e penso che descrivere l'ambiente utilizzando il canale privilegiato da ogni giocatore (cinestetico, uditivo e visivo) sia nella pratica impossibile per due motivi.
    In primo luogo perché lo stesso master non è "neutro", ma anche lui ha precisi canali preferenziali. Usare quello che non è il suo forte potrebbe risultargli immensamente difficile e assolutamente non immediato.
    In secondo luogo perché se al tavolo accumuli diversi giocatori (anche solo tre o quattro) per ricordarti dei canali privilegiati di ogni giocatore dovresti tutte le volte passare da una tabella.
    A quel punto ritengo migliore una procedura secondo la quale il master (o chiunque debba descrivere qualcosa) lo faccia nel modo che gli risulta più immediato. Saranno poi gli altri al tavolo a chiedere chiarimenti su altri canali a loro preferenziali se la prima descrizione a loro non ha detto molto o se per loro è risultata in un certo senso anonima.

    Ho chiarito un po' il tuo dubbio?

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